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L'uva sotto spirito. - pag. 2

⇐ vai a Pag. 1   Mi avvicinai alla credenzina, volevo spostare il boccaccio sul tavolo, ma la base d'appoggio di questa era più alta di me.
Il boccaccio a malapena lo toccavo e mi fermai un attimo a pensare.
Mi dovevo allungare di qualche centimetro... a ecco una sedia... certo una sedia mi poteva aiutare.
Presi la sedia, l’avvicinai alla credenzina, ci salii su e abbracciai il boccaccio, ma che c’era dentro piombo? Allora pensai che se volevo mangiare i chicchi d'uva non lo dovevo spostare da lì.
Scesi dalla sedia, mi procurai un grosso cucchiaio pulito come disse la mamma, ritornai sulla sedia e provai a prendere i chicchi.
L'impresa risultò alquanto ardua, il boccaccio era troppo grande, il liquore era troppo e gli acini piccolini piccolini. Più cercavo di prenderli più loro scappavano. Capii allora perché la mamma li aveva lasciati lì.
Immergevo il cucchiaio nel liquore e inseguivo il chicco che scappava, tiravo fuori il cucchiaio pieno di alcool e bevevo.
Il gioco mi piaceva e ci passai un po’ di tempo.
Ad una certa ora dovevo andare dalla nonna paterna a vedere i cartoni animati, così feci anche quel giorno, e gli acini rimasero nel boccaccio.
A quel tempo non possedevamo la TV, la nonna si! Un televisore bianco e nero.

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La strada che solitamente facevo di corsa, per arrivare prima possibile, quel pomeriggio non sembrava dritta e mi sembrò arduo arrivarci.
Per salire a casa della nonna c'era una vecchia scalinata di pietra leccese che dovetti salire a pecoroni.
La nonna mi vide e pensò ad un gioco, ma molto probabilmente le dissi di non sentirmi bene, probabilmente vomitai, probabilmente perché fin qui ricordo ma dopo il nulla.
La nonna mi raccontò che mi vide rosso in viso, sudato e ridevo.
Non mi reggevo in piedi. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Cercava di svegliarmi ma non ci riusciva.
Mi mise a letto sotto le coperte e mandò una vicina di casa a chiamare mia madre.
All’epoca non c’erano telefoni né smartphone né hiphone figuriamoci whatsapp.
La mamma gestiva da sola un negozio.
Mio padre era emigrato in svizzera per lavoro.
Mi raccontò la mamma che, in tutta fretta, mise alla porta i clienti e chiuse il negozio.
Arrivò dalla nonna che la sgridò dicendo: "Sei incosciente a lasciare un ragazzino di quella età a casa solo in queste condizioni. Corri subito a chiamare il dottore perchè non è cosa buona." Continua a Pag. 3 ⇒ 

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