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Siamo nel basso Salento, come dico sempre, una fermata prima dell’Africa.
Per arrivarci, ammesso e non concesso che passi un autobus, che si fermi e riusciate a
salirci, basta chiedere all’autista di farvi scendere una fermata
prima.... prima del confine africano, e siete qua! Qui!... Giù da noi insomma!
In agosto, per stendere un asciugamano in spiaggia a Torre San Giovanni, e non parliamo di piantare
un ombrellone, bisogna avere un santo in paradiso (San Giovanni appunto) e pregarlo perché faccia
il miracolo; le acciughe sotto sale nella scatola, al confronto, sembrano
essere in un campo da calcio deserto.
Per questo, quel giorno, litigavo furiosamente con mia sorella, perché
le chiesi, per la domenica seguente, di svegliarci di buon ora per andare al mare.
Abito insieme a mia sorella, sì! Alla quale voglio un mondo di bene, anche
lei son certo me né voglia, ma quando non siamo d’accordo su delle
sciocchezze.... facciamo certe litigate che i cani e i gatti ci fanno un baffo.
Andò su tutte le furie quando le dissi: “alziamoci alle sei.”
In sintesi, mi urlo questo in faccia: “Cosa? E’ l’unico giorno che ho per
dormire un po’ di più e tu.... mi vuoi far alzare alle sei!
Per portarmi dove poi? A San Giovanni! Ad abbrustolirmi sotto i raggi del sole sino a
mezzogiorno? Ma no stai bbonu!”
E non era una domanda di cortesia, come per dire... “stai male, non ti senti bene?”
Era un’affermazione dal significato “sei matto, il tuo cervello è malato,
non funziona bene!” E lì mi partì la brocca, il cervello appunto,
come ai pugili quando suona la campanella del round.
Ci indirizzammo reciprocamente a quel paese, poi la furiosa litigata
sfociò in un comodo accordo per le sei e mezza.
Normalmente la sveglia, la mattina, suona alle sei e 45 sul comodino.... e l'iPhone alle sei e 47
su un mobile lontano dal letto; mia sorella non sa che dopo un po' smette di suonare,
diciamo che ho dato per scontato che lo sapesse, così, per spegnerlo, è costretta ad alzarsi
e preparare il caffè.
Quella domenica arrivammo al mare verso le 7:30, una mezzora
abbondante prima dell’orario solito.
Io ero felice come una Pasqua, mia sorella meno, era furiosa e nera, ancora si doveva svegliare e
borbottava qualcosa sull’alba, sul sorgere del sole.... farneticava
cose così, non la seguivo nei suoi ragionamenti.
Nel parcheggio neanche l’ombra di una macchina, nel deserto del Sahara c’è più movimento.
Provai due o tre parcheggi finché mia sorella scocciata disse: “li provi tutti, si!
O ti decidi a sceglierne uno?”
Né scelsi uno un po’ più lontano ma che secondo i miei meticolosi e accurati calcoli,
per mezzogiorno, ora del rientro, doveva essere in ombra sotto un pino d’Aleppo.
Scendemmo dalla macchina e ci armammo di tutto punto; io iPhone occhiali da sole
e il marsupio porta documenti; mia sorella ombrellone, borsa con asciugamani e sdraio,
una sdraio.... per lei mica per me!
Lei porta e poi tocca a me piantare l’ombrellone, posizionare la sdraio in modo
che sia in ombra per tutta la permanenza, ecc..
Nel tragitto per arrivare in spiaggia, perché dal parcheggio alla spiaggia
c’è un pezzo di strada e un pezzo di pineta da percorrere a piedi,
bisognava passare vicino a dei bidoni della spazzatura.
Per terra c’era un fagottino un po’ più distante dell’altra spazzatura ammucchiata,
io gli diedi un calcio per avvicinarlo con l’altra e mia sorella esclamò: “E’ un portafogli!”
e io le risposi: “l’avranno buttato nella spazzatura.” E lei “e se ci sono soldi?”
Sollevando gli occhiali vidi che il fagottino era un portafogli in buono stato, di stoffa,
sporco perché qualche macchina ci era passata sopra con le ruote.
Lo raccolsi e con mia sorpresa vidi che dentro c’era: patente, tessera d’identità, PostePay,
carta bancomat, tessera del supermercato, altro e 20 Euro interi.
Era di una ragazza di un paese non proprio vicinissimo....
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